Fortezze, castelli e corti

Fortezze, castelli
e corti

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Corte Galvagnina

Situato tra il borgo di Coazze di Moglia e la frazione Galvagnina di Pegognaga

Palazzo Galvagnina, raro esempio per la provincia mantovana, di residenza suburbana che conserva ancora al suo interno un ricco ciclo di decorazioni che si legano ad un ramo della famiglia Galvagni, a partire da Giovanni Battista e dal figlio Ludovico, designato nel 1549 erede universale dei suoi beni siti “in Dosso Barcorum dicto la Galvagnina” del Commissariato di Gonzaga. Fu con Carlo, nipote di Giovanni Battista, che nel 1583 sposÃē Francesca D’Arco – figlia di Massimiliano e Olimpia Guerrieri, imparentandosi cosÃŽ con famiglie prestigiose – e rivestÃŽ pure la carica di presidente del Magistrato ducale, che la Galvagnina acquisÃŽ, con ogni probabilità, l’assetto definitivo, divenendo un considerevole centro produttivo agricolo il cui fulcro era il palazzo stesso, reso parimenti importante, dal punto di vista artistico, dalle decorazioni che, per cifra stilistica, sono affini a quelle lasciate dai pittori operanti all’interno delle commissioni ducali di Guglielmo e Vincenzo I Gonzaga, a cavallo tra il XVI e il XVII secolo.

Corte Magnariso

Il nome deriva da una singolare vicenda che vale la pena ricordare. A metà dell’Ottocento l’azione ingegnosa e perspicace di alcuni agricoltori della zona, stimolata dagli effetti negativi della pebrina
e della filossera sull’economia rurale, trasformÃē la maledizione dei ristagni d’acqua, causati dalle piogge invernali e dalle piene del Po e del Secchia, in fonti di ricchezza, di piÃđ diffuso benessere e
di maggiore salubrità. Nei circa mille ettari di terreno del Gonzaghese, in gran parte nei territori di Moglia e Bondanello, in cui il germoglio del grano avrebbe corso il pericolo di ÂŦannegareÂŧ, all’inizio
della primavera i coltivatori provvidero, seguendo l’esempio dell’affittuario del fondo “Aldegata”
(860 biolche) di proprietà del conte Giovanni Arrivabene, a piantare il riso che nell’acqua invece trova il suo habitat naturale. E perchÃĐ il nuovo cereale non soffrisse la siccità dell’estate furono costruiti canali, acquistate pompe idrauliche a vapore per una potenza di oltre 300 cavalli. Il risultato non si fece attendere: la produzione di risone raggiunse rapidamente i 50mila quintali e la sua coltivazione occupava circa 500 persone nelle sole risaie mogliesi. L’esperienza si avviÃē alla conclusione prima della fine del secolo, allorchÃĐ il crollo del prezzo del riso, provocato dalla Grande depressione (1875-1895), e la prospettiva della bonifica sconsigliarono la sua prosecuzione.

CORTE GALVAGNINA